Nell’ascoltare le critiche, feroci, del Segretario Generale
della CGIL sul primo atto del Governo
Renzi sul Lavoro dimostra, a mio avviso, che ormai da anni chi dirige i
Sindacati e soprattutto il maggior Sindacato Italiano, è sempre più distante da
cosa accade all’interno delle Aziende, anche e soprattutto per quanto riguarda
l’inserimento di giovani al lavoro e le tutele che a questo inserimento si
accompagnano.
Prima di parlare del nuovo decreto, credo sia utile capire
oggi cosa accade in questo ambito.
Le assunzioni dei giovani oggi funzionano così:
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L’ingresso, in media, avviene tramite uno stage. Lo stage è un periodo nel quale
il giovane, quando va bene a fronte di un rimborso spese, entra in contatto con
il mondo del lavoro. Dovrebbe almeno essere questo, perchè chiunque
conosca le aziende sa benissimo che
l’impegno lavorativo è identico, se non maggiore, rispetto ad un contratto
determinato anche perchè il giovane ha
voglia di mettersi in evidenza per costruirsi un futuro. Durata massima di
questa tipologia di ingresso un anno (se non si fanno trucchi comunque
possibili), tutele del lavoratore zero (una ragazza che dovesse aspettare un
bambino, nel momento in cui non possa lavorare più a seguito della gravidanza,
semplicemente perde il posto di lavoro).
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Alla fine di questo anno, se l’azienda vuole
riconfermare il giovane, gli propone un contratto
a progetto. Tutti sanno che oggi questo strumento è sostitutivo di un
lavoro vero e proprio anche se non dovrebbe essere così. Il contratto è
sicuramente vantaggioso rispetto allo stage (una retribuzione c’è), ha un
minimo di contribuzione previdenziale, che comunque di certo non andrà a favore
del giovane, ma solo dello Stato, continua a non avere alcuna tutela (il problema della gravidanza
rimane identico), l’unico piccolo vantaggio è legare formalmente il contratto
ad un progetto specifico che quindi deve essere completato ... ma ha anche un
termine ben preciso e potenzialemnte la possibilità di essere interrotto se il
progetto non ha uno stato di avanzamento soddisfacente. Durata fino ai 36 mesi,
anche in questo caso forzando la legge,
anche se in media la durata è intorno ai 18 mesi. Dicevamo, tutele
prossime allo zero.
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Alla fine di questo ulteriore periodo senza
tutele, senza voler entrare nel mondo delle
Partite Iva e solo se c’è certezza
di conferma, parte il contratto a
termine per come esisteva fino a
ieri. Tutte le tutele , a parte il tempo indeterminato, ma grande rigidità per
l’azienda (e per il lavoratore) ... principalmente il fatto che, nonostante possa durare fino a
36 mesi, la durata è molto inferiore perchè è estremamente complesso il rinnovo, sia per la causale necessaria per
farlo e sia per la fantastica fesseria introdotta dalla Fornero di una pausa di
10-20 giorni fra un contratto ed un altro.
Cosa introduce la nuova legge? Semplicemente che nel
contratto a termine, che al massimo potrà durare per 3 anni come prima, ma che
potranno essere rinnovati fino ad 8 volte (sempre nei 3 anni) senza alcuna
interruzione. In pratica l’idea è quella di diminuire la rigidità che,
sostanzialmente, non consentiva contratti superiori ad un anno. Nella sostanza
il contratto a termine, nella peggiore delle ipotesi anche nella situazione
attuale, durerà effettivamente 3 anni, sempre, ove ve ne sia la necessità,
mentre nella migliore delle ipotesi potrà anticipare, fino ad annullare, gli
anni di totale precariato senza alcuna tutela.
Sinceramente, un Segretario Generale della CGIL dovrebbe
provare a fare andare oltre il Governo, fino al momento in cui il contratto a
termine deve diventare a tempo
indeterminato, magari introducendo vantaggi contributivi per l’azienda negli
anni di contratti a termine che saranno confermati (o restituiti) quando il
contratto verrà confermato (o meno).
Il vero problema credo che Renzi lo abbia identificato
abbastanza bene: chi (e sono semnpre gli stessi) vuole condizionare le
decisioni del Governo oggi, sono sempre gli stessi soggetti che in queste
condizioni drammatiche, hanno contribuito ad infilarci, perchè, alla fine, se
oggi la disoccupazione giovanile è oltre il 40%, ci sono responsabilità
politiche, certo, ma che sindacati ed imprese non abbiamo responsabilità, mi
pare una favola che non ci devono più raccontare.
Le critiche al
Governo vanno fatte secondo me, ma per scarso coraggio in questo campo e
non certo, come mi sembra nel caso di Squinzi e Camusso, al fine di restaurare un “potere” di veto
delle categorie sulle riforme ormai
ampiamente sconfitto dalla storia.
E allora, a mio parere, bisogna insistere perchè da questo
primo, piccolo, passo si arrivi ad una vera riforma del lavoro che abbia come
unico punto di partenza questo tipo di contratto a termine, eliminando
completamente stage, cotratti a progetto
e partite IVA e che abbia una tutela crescente del posto di lavoro, per come
pensata, ad esempio, da Tito Boeri. In sostanza:
11)
Ingresso con un contratto, anche a tempo
indeterminato, di 5 anni con possibilità
di licenziamento senza causale, con indennizzo per il lavoratore, interamente a
carico dell’azienda pari al preavviso contrattuale. Situazione che aumenta le
tutele almeno per i primi 3 anni di lavoro e la rende identica negli ultimi due.
22)
Decontribuzione per l’azienda (parziale o totale) per l’intero periodo dei primi 5
anni, valore che verrà confermato solo
in caso di conferma per il lavoratore dopo i primi 5 anni
33)
Dopo la conferma, aumento dell’indennizzo dovuto
ai dipendenti in caso di mobilità aziendale, quindi a seguito di accordi
sindacali e situazioni economiche particolari, sempre a carico dell’azienda e fino
ad un livello di anzianità, anagrafica o aziendale da stabilire
44)
Dopo questo livello di anzianità, piena
esecuzione dell’art. 18 per come normato
oggi.
55)
A questo legare una riforma degli ammortizzatori
sociali che, escludendo la CIG ordinaria, passi più verso un’assegno di
disoccupazione universale per un periodo massimo di 2/3 anni, durante i quali la persona venga
formata su attività che necessitano inserimento lavorativo e non rifiuti alcuna
opportunità professionale.
Una riforma, coraggiosa, che seguisse questi indirizzi
sarebbe, secondo me, la vera rivoluzione positiva del mercato del lavoro
Italiano.