lunedì 24 marzo 2014

Lavorare sul Lavoro





Nell’ascoltare le critiche, feroci, del Segretario Generale della CGIL  sul primo atto del Governo Renzi sul Lavoro dimostra, a mio avviso, che ormai da anni chi dirige i Sindacati e soprattutto il maggior Sindacato Italiano, è sempre più distante da cosa accade all’interno delle Aziende, anche e soprattutto per quanto riguarda l’inserimento di giovani al lavoro e le tutele che a questo inserimento si accompagnano.
Prima di parlare del nuovo decreto, credo sia utile capire oggi cosa accade in questo ambito.

Le assunzioni dei giovani oggi funzionano così: 

-        -  L’ingresso, in media, avviene tramite uno stage. Lo stage è un periodo nel quale il giovane, quando va bene a fronte di un rimborso spese, entra in contatto con il mondo del lavoro. Dovrebbe almeno essere questo, perchè chiunque conosca  le aziende sa benissimo che l’impegno lavorativo è identico, se non maggiore, rispetto ad un contratto determinato anche perchè il giovane  ha voglia di mettersi in evidenza per costruirsi un futuro. Durata massima di questa tipologia di ingresso un anno (se non si fanno trucchi comunque possibili), tutele del lavoratore zero (una ragazza che dovesse aspettare un bambino, nel momento in cui non possa lavorare più a seguito della gravidanza, semplicemente perde il posto di lavoro).

-        -  Alla fine di questo anno, se l’azienda vuole riconfermare il giovane, gli propone un contratto a progetto. Tutti sanno che oggi questo strumento è sostitutivo di un lavoro vero e proprio anche se non dovrebbe essere così. Il contratto è sicuramente vantaggioso rispetto allo stage (una retribuzione c’è), ha un minimo di contribuzione previdenziale, che comunque di certo non andrà a favore del giovane, ma solo dello Stato, continua a non avere  alcuna tutela (il problema della gravidanza rimane identico), l’unico piccolo vantaggio è legare formalmente il contratto ad un progetto specifico che quindi deve essere completato ... ma ha anche un termine ben preciso e potenzialemnte la possibilità di essere interrotto se il progetto non ha uno stato di avanzamento soddisfacente. Durata fino ai 36 mesi, anche in questo caso forzando la legge,  anche se in media la durata è intorno ai 18 mesi. Dicevamo, tutele prossime allo zero.

-        -  Alla fine di questo ulteriore periodo senza tutele,  senza voler entrare nel mondo delle Partite Iva e solo se c’è certezza di conferma, parte il contratto a termine  per come esisteva fino a ieri. Tutte le tutele , a parte il tempo indeterminato, ma grande rigidità per l’azienda (e per il lavoratore) ... principalmente  il fatto che, nonostante possa durare fino a 36 mesi, la durata è molto inferiore perchè è estremamente complesso  il rinnovo, sia per la causale necessaria per farlo e sia per la fantastica fesseria introdotta dalla Fornero di una pausa di 10-20 giorni fra un contratto ed un altro.

Cosa introduce la nuova legge? Semplicemente che nel contratto a termine, che al massimo potrà durare per 3 anni come prima, ma che potranno essere rinnovati fino ad 8 volte (sempre nei 3 anni) senza alcuna interruzione. In pratica l’idea è quella di diminuire la rigidità che, sostanzialmente, non consentiva contratti superiori ad un anno. Nella sostanza il contratto a termine, nella peggiore delle ipotesi anche nella situazione attuale, durerà effettivamente 3 anni, sempre, ove ve ne sia la necessità, mentre nella migliore delle ipotesi potrà anticipare, fino ad annullare, gli anni di totale precariato senza alcuna tutela.   

Sinceramente, un Segretario Generale della CGIL dovrebbe provare a fare andare oltre il Governo, fino al momento in cui il contratto a termine deve diventare  a tempo indeterminato, magari introducendo vantaggi contributivi per l’azienda negli anni di contratti a termine che saranno confermati (o restituiti) quando il contratto verrà confermato (o meno). 

Il vero problema credo che Renzi lo abbia identificato abbastanza bene: chi (e sono semnpre gli stessi) vuole condizionare le decisioni del Governo oggi, sono sempre gli stessi soggetti che in queste condizioni drammatiche, hanno contribuito ad infilarci, perchè, alla fine, se oggi la disoccupazione giovanile è oltre il 40%, ci sono responsabilità politiche, certo, ma che sindacati ed imprese non abbiamo responsabilità, mi pare una favola che non ci devono più raccontare.

Le critiche al Governo vanno fatte secondo me, ma per scarso coraggio in questo campo e non certo, come mi sembra nel caso di Squinzi e Camusso,  al fine di restaurare un “potere” di veto delle categorie sulle  riforme ormai ampiamente sconfitto dalla storia.

E allora, a mio parere, bisogna insistere perchè da questo primo, piccolo, passo si arrivi ad una vera riforma del lavoro che abbia come unico punto di partenza questo tipo di contratto a termine, eliminando completamente  stage, cotratti a progetto e partite IVA e che abbia una tutela crescente del posto di lavoro, per come pensata, ad esempio, da Tito Boeri. In sostanza:

11)      Ingresso con un contratto, anche a tempo indeterminato, di 5 anni  con possibilità di licenziamento senza causale, con indennizzo per il lavoratore, interamente a carico dell’azienda pari al preavviso contrattuale. Situazione che aumenta le tutele almeno per i primi 3 anni di lavoro e la rende identica negli ultimi due.
22)      Decontribuzione per l’azienda (parziale  o totale) per l’intero periodo dei primi 5 anni, valore  che verrà confermato solo in caso di conferma per il lavoratore dopo i primi 5 anni
33)      Dopo la conferma, aumento dell’indennizzo dovuto ai dipendenti in caso di mobilità aziendale, quindi a seguito di accordi sindacali e situazioni economiche particolari, sempre a carico dell’azienda e fino ad un livello di anzianità, anagrafica o aziendale da stabilire
44)      Dopo questo livello di anzianità, piena esecuzione dell’art. 18  per come normato oggi.
55)      A questo legare una riforma degli ammortizzatori sociali che, escludendo la CIG ordinaria, passi più verso un’assegno di disoccupazione universale per un periodo massimo di 2/3  anni, durante i quali la persona venga formata su attività che necessitano inserimento lavorativo e non rifiuti alcuna opportunità professionale.

Una riforma, coraggiosa, che seguisse questi indirizzi sarebbe, secondo me, la vera rivoluzione positiva del mercato del lavoro Italiano.